A Cave (RM), indagini archeologiche della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’Area Metropolitana di Roma e per la provincia di Rieti, condotte in occasione di lavori per la realizzazione di nuove aree a servizio della Scuola Elementare in località Colle Santo Stefano, lungo via Falcone e Borsellino, hanno riportato alla luce un edificio di significative dimensioni. I resti rinvenuti, seppur notevolmente compromessi dalle attività di spoliazione, sulla base della planimetria e dei dati archeologici raccolti sono identificabili con una chiesa cristiana.
Si tratta di una costruzione con pianta a croce latina a navata unica, orientata nord-sud, favorevolmente posizionata in zona collinare, nel settore orientale dell’abitato urbano odierno, a ridosso del prolungamento della via Prenestina antica in direzione del territorio di Genazzano. Al suo interno è stata rimessa in luce, in ottimo stato di conservazione, una vasca di particolare pregio impiegata per il battesimo dei fedeli (catecumeni), secondo l’antico rito dell’immersione. Di particolare interesse anche i reperti ceramici rinvenuti negli strati indagati con lo scavo, fra cui spiccano forme integre di maiolica arcaica trecentesca.
Gli scavi, effettuati sotto la direzione scientifica della funzionaria archeologa della Soprintendenza dott.ssa Gabriella Serio e coordinati sul campo dall’archeologo dott. Andrea Fiasco, hanno riportato alla luce anche un tracciato viario di epoca romana, nelle forme di una via glareata, e una diffusa attività di seppellimento, riferibile sia al periodo medievale che a età romana, fra cui spicca una tomba femminile in cassa litica di tufo con corredo tipico della tradizione funeraria di area prenestina, risalente a età medio repubblicana (fine IV – inizi III a.C.).
Studi del tutto preliminari sembrano suggerire una possibile interpretazione dell’edificio cristiano con la primitiva chiesa di Santo Stefano, uno dei luoghi di culto più antichi del territorio cavense, attestata a partire dall’VIII secolo d.C. Inizialmente fra i possedimenti delle monache di San Ciriaco di Santa Maria in via Lata, a partire dalla seconda metà del Trecento essa assunse un ruolo centrale nelle politiche della famiglia degli Annibaldi: Mascia Annibaldi, moglie di Giordano Colonna, fratello di papa Martino V Colonna, nel 1385 affidò la chiesa alla cura dei Padri Agostiniani, vi costruì la cappella gentilizia di famiglia e istituì un capitolo dei canonici, elevandola così al rango di collegiata. Nonostante questo, l’edificio dal 1428 finì coinvolto nei nuovi progetti di sviluppo urbano che il pontefice programmò per il “suo” nuovo feudo di Cave, concessogli in eredità proprio dalla cognata Mascia: con bolla pontificia egli autorizzò i Padri Agostiniani a costruire una nuova chiesa all’interno delle mura del borgo (ancora oggi esistente sotto la ricostruzione risalente al XVIII secolo), sulla quale venne così trasferito l’antico titolo dedicato al protomartire Stefano. Questa scelta condannò all’oblio l’antica parrocchia rurale, che fu oggetto di sistematico smantellamento, trasformandola in una cava per l’estrazione di materiali da costruzione, forse la cava Sancti Stephani come viene ricordata in documenti già a partire dal 1436.
Le indagini archeologiche, ancora in corso, si stanno svolgendo nell’ambito di un progetto condotto da Astral SpA e dal Comune di Cave, diretto dall’arch. Francesca De Grandis e dall’ing. Fabio Corti, sotto la supervisione dell’Amministrazione Comunale presieduta dal Sindaco Angelo Lupi, con il supporto e il coordinamento dell’assessore ai Lavori Pubblici Giulio Beltramme e dell’assessore alla Cultura Silvia Baroni.
La prosecuzione dei lavori permetterà di studiare un’adeguata valorizzazione dell’importante sito archeologico venuto alla luce, che sarà inserito all’interno della nuova opera pubblica e restituito alla comunità cittadina.